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Una disavventura finita bene

Ovvero: finire in secca in laguna con una “barchetta” da 40 Tonnellate e oltre!
Testo e Foto di IK3RIY – Martino

Miei cari signori,

per chi mi conosce da lungo tempo sa già di questa mia virtù nascosta: senza che null’altro che sbrigliata curiosità del mondo mi muova, mi succede sempre di trasformare il più banale e sciocco dei passatempi in un’avventura degna di essere raccontata.
Ahimè, ormai anch’io sto perdendo il conto di salvataggi, soccorsi, paracaduti, stelle comete e via discorrendo. A dire il vero comincio a pensare che vi sia qualcosa di strano, magari arcano in ciò che mi capita così di sovente. Bah…
Sia quel che sia l’altra sera giusto alle cinque il buon Vito al ritorno da Montichiari mi ha scaricato al Tronchetto dove per un colpo di fortuna ben calcolato sono riuscito a imbarcarmi sulla Cilicia che stava per mollare gli ormeggi. Tra due ali di folla plaudente abbiamo lasciato la darsena del salone nautico. A bordo, ai giganti remi-timone, i due forzutissimi marinai armeni Karem e Vrana, aiutante di bordo era invece Francesco, armeno argentino quasi prete ma alla fine sposato con un’italiana. Poi l’equipaggio seguiva con una bionda russa che vive a Venezia e una americana che abita al Lido e i loro rispettivi marmocchi che giocavano sul ponte, ignari di tutto, vero specchio della più pura innocenza. Imboccato il canale della Giudecca ci dirigiamo verso San Marco. Beninteso A MOTORE ! Issare il pennone con la vela è una delle sette fatiche di Ercole: pesa solo mezza tonnellata! Solo 8 forzuti energumeni – rabbiosi e incattiviti a puntino come tori nell’arena – si cimentano nell’impresa ogni volta che la cara Cilicia prende il mare per navigare a vela con un equipaggio minimo indispensabile di 14 UOMINI..
Quindi, misurate le forze in campo, (alquanto scarsette devo ammettere) abbiamo preferito il MOTORE. Motore o non motore navigare davanti a San Marco con una nave del XIII/XIV secolo è una grande emozione. A quei tempi anche le nostre belle Cocche da Mercato erano fatte così: tonde, semplici e robuste … così si navigava prima della rivoluzione nautica della metà del ‘300. Nel 1000/1200 non era ancora stato inventato il timone a barra, la poppa a specchio e nemmeno la bussola si conosceva, i primi ad usarla nel mediterraneo sembra siano stati gli arabi.
Volte le spalle al Palazzo, verso il canale dell’Orfano dove Pipino ricevette quella bella lezione che si meritava, l’ultimo mio pensiero andava al caro Santo Pietro Orseolo, ai suoi nipoti Orso, Ottone e Felicita, tutti figli del caro Pietro primo Doge e Duca di Dalmazia… ehhhee …
Tra una coppa gigante di vino saporoso del Caucaso e due albicocche uzbeche stagionate nelle profondità della stiva, procedevamo verso l’ignoto destino felici come i fanciulli che avevamo in coperta. Lo stesso beffardo destino che nelle sue torbide cuora prese Pipino lungo quello stesso cammino. D’un tratto, tra San Lazzaro, la nostra meta, e San Servilio, la cara Cilicia divenne più immobile delle briccole a cui avremmo dovuto tenerci più vicino. Aveva deciso di piantare la sua dolce pancia in secca senza preavviso e senza remore non aveva più intenzione di muoversi. Nemmeno il motore messo indietro tutta riusciva a convincerla. Nel frattempo arrivano da San Lazzaro in una patanella i nostri cari eroi, un po’ sbadati – un po’ castroni – padre Elia e un suo confratello. Sicuri e tranquilli come due consumati ormeggiatori di porto, si mettono a spingere la cara Cilicia prima con la prua della patanella contro la murata e poi, lanciata una cima come a rigirare il film “siamo noi quelli del Bounty” si sono messi al traino delle 40 tonnellate della cara Cilicia che non voleva saperne di muoversi. Il bello viene quando i nostri smargiassi dall’abito lungo e nero passano la cima a poppa per tentare un altro traino con la patanella. In un attimo la cima viene risucchiata dall’elica della cara Cilicia a tutta forza indietro. C’è mancato poco che si tirasse dietro anche i nostri ormeggiatori. In un attimo la patanella ha perso il fuoribordo in acqua imbarcando acqua dalla poppa. Naufraghi! Sì, eravamo tutti naufraghi abbandonati e soli con le poche albicocche rimaste a rifocillarci, senza più vino saporoso del Caucaso, con un motore sul fondo della laguna e l’altro bloccato dalla cima avvinghiata all’elica della cara Cilicia. L’imbrunire calava foschi presagi su tutto l’equipaggio. Una bora maligna e sottile ci spingeva ancor più verso le secche.
A questo punto, con la sicumera che in queste situazioni, modestamente, mi contraddistingue, tirai fuori dalla tasca esterna del mio zaino portatutto la RADIO DI EMERGENZA E IL CAPPELLO CON LA M e l’ancoretta. (M non di Martino ma di MARCONI naturalmente!).
Iniziai, con voce chiara e schietta e tono sicuro, il CQ sul canale di chiamata e soccorso nonché R1 Venezia. Puntuale mi risponde l’indefesso turnista di guardia IK3GHW. Il nostro operatore, anche se ormai avvezzo ad ogni tipo di chiamata di soccorso, al sentire la situazione della cara Cilicia del XIII secolo arenata nella notte incipiente vicino a San Servilio, accenna ad una battuta di spirito. Indeciso tra il serio e il faceto GHW ascolta il rapido susseguirsi degli avvenimenti: i due smargiassi decidono di tentare di raggiungere il loro caro monastero con la patanella mezza piena d’acqua aiutandosi con una tavoletta come remo e (!) un mezzo marinaio come pertica a voler imitare i miei cari amici buranelli nella “voga e para” (nel caso loro sarebbe meglio dire “voga e impara”). Inutile dire che né l’uno né l’altro erano all’altezza di quell’antica arte. Trascorriamo una ventina di minuti guardandoli allontanarsi verso l’isola ma senza speranza di raggiungerla…. Nell’attimo in cui anche l’ultima speranza di rivederli sani sta per svanire …. spunta a salvare i poveri sfortunati un taxi bianco che li prende a bordo e viene verso di noi a portare in salvo donne e bambini. Gli uomini – naturalmente – rimangono!
E’ già buio e l’allibito tassista ci guarda dal basso verso l’alto con sospetto, quasi ammutolito ci prega di far presto. Chissà, forse i miei cari barbuti compagni di bordo che parlavano quella strana lingua in quella strana nave arenata in una notte nera come la pece che copriva le fiancate, devono aver impressionato non poco il poveretto.
Ricevo anche la chiamata di supporto del decano capo BQC che mi chiede se deve chiamare lui i VV. FF. o se li chiamo io. La consulta di bordo, democratica e franca come nei secoli d’oro della marineria, decide che devo chiamarli io; ahinoi attraverso il mio stupido cellulare…(fossimo stati soltanto 15 anni prima… Claudio o Vittorino adesso avrebbero una medaglia sul petto ! ) Un allibito pompiere mi risponde al telefono scambiandoci per un traghetto della Strinzis e mi chiede se avevamo già provveduto a chiamare i rimorchiatori d’altura della Capitaneria !! Si offrono di mandare in avanscoperta una loro barca e il loro battello portuale antincendio. In quel mentre ricevo la chiamata della Patrizia che, avvertita da Vittorino nel giorno del suo compleanno, mi dice orgogliosa che lei si è sposata a San Lazzaro. La notizia porta immensa gioia tra l’equipaggio.
Ore misere e solitarie passano in attesa di soccorsi confortati soltanto dalle voci amiche della radio. Cinque uomini in barca avvolti nel freddo buio di marzo.
La fine della storia la sapete, i buoni vincono, i naufraghi sono salvi, il vino è finito e la cara Cilicia è tornata buona all’ormeggio. E’ l’ora di rimettere via la radio e il cappello con la M e l’ancoretta.

Il vostro PIGAFETTA
p.s.
accidenti, la prossima volta devo ricordarmi di avvertirli che lì c’è la secca !!!!

Il nostro IK3RIY - Martino: Che il contenuto del boccale che ha in mano abbia a che vedere col "naufragio"?

Il nostro IK3RIY – Martino: Che il contenuto del boccale che ha in mano abbia a che vedere col “naufragio”?

notare il "timone" della nave...

notare il “timone” della nave…

Bella eh?: Venezia è pur sempre Venezia!

Bella eh?: Venezia è pur sempre Venezia!

Sull'albero di trinchetto col sartiame è  opportuno il "gran pavese"...

Sull’albero di trinchetto col sartiame è
opportuno il “gran pavese”…

Una bella vista del ponte verso poppa

Una bella vista del ponte verso poppa

Le cose col buio si complicano; per fortuna "arrivano i Nostri"!

Le cose col buio si complicano; per fortuna “arrivano i Nostri”!

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